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Scritto da Clark Maul   
Clarkmaul_avatarLa Maledizione

La festa aveva coinvolto l'intero regno. La gente nel palazzo, continuava a vivere l'ilaritĂ  del momento, scambiandosi battute, bicchieri colmi di vino col miele. Gli ampi vestiti, con i bottoni d'oro, i veli candidi della festa voleteggiavano nell'aria, quasi dotati di vita propria. Persino i cavalli portavano con fierezza i paramenti da trionfo. Il sole, nel cielo limpido, splendeva riscaldando l'aria non piĂą estiva, fresca, frizzante. Le strade, pavimentate di recente proprio per la festa, sembravano inghiottite dalla folla. Chiunque era in festa nel regno. Chiunque.
Solo una figura oscura si aggirava per le vie. Era apparsa il mattino, su un sentiero di campagna. Il suo passaggio era chiaro e definito: l'erba ancora verde, i cespugli e gli alberi erano appassiti, morti, neri.
Una figura curva, dalle spalle pesanti, ammantata di nero in un'unico panno, senza maniche, senza braghe. Il suo cappuccio, calato sul viso, era mosso dal respiro lento.
Al suo passaggio, gelava la felicitĂ . Le persone ammutolivano e si scansavano. I bicchieri si rovesciavano, i bambini piangevano, il cielo si oscurava.
I suoi passi risuonavano per il grande palazzo, per i corrodoi, per le sale, per i chiostri. Le guardie non osavano frapporsi e talune, in timore reverenziale, si inchinavano, lasciando che i fiocchi azzurri della festa legati alle alabarde, toccassero terra.
Il grande portone di legno scolpito si aprì. Il vento invase il salone, spegnendo il fuoco nel grande camino. L'odore di legno bruciato e un fumo acre penetrò nelle narici degli astanti, mentre l'oscuro signore muoveva i suoi passi lenti e decisi verso la culla. Una volta nei suoi pressi, la figura rimase in silenziosa contemplazione. Il nero della notte, il buio della paura celavano il suo viso. Lentamente, un braccio si mosse verso l'infante color dell'ebano ed una mano candida, sottile, si sollevò scheletrica. "No" urlò la madre, mentre il padre, ghiacciato, la fermava. La mano, aperta, quattro dita da un lato e il pollice da quello opposto, si mossero verso la fronte del pargolo. La donna continuava a muoversi, divincolarsi, mentre i presenti, fermi come i sassi, le impedivano il passaggio. La mano continuava la sua corsa, così la donna. Il pianto del neonato scandiva come sinistra musica i due eventi, contemporanei e paralleli.
Quando il gelo della mano toccò la sua fronte. La donna si paralizzò e lunghissimo fu il suo urlo di disperazione. La figura mantenne il contatto. Respirò a lungo. Quindi si staccò, e con lo stesso passo con cui era entrata, si allontanò. Al suo passaggio il vino iniziò a bollire, le coppe di metallo si sciolsero, accompagnate da urla di dolore dei loro proprietari. Le porte si aprirono nuovamente con una folata di vento gelida. La figura, lenta, si mosse sino all'ingresso, quindi si voltò solo in parte verso gli astanti, sibilando con una voce arcana e carica di dolore "Come si chiama?" Qualcuno osò mormorare "...Giorgio" "Allora egli sarà conosciuto come Orgio, figlio di Coso, della casa Bellaaaaaaa-come-cazzo-ti-chiami!"

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