Ma i ClanGini sognano pecore grevi? - 1^ puntata Stampa
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Scritto da Clark Maul   

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Un caldo umido schifoso, appiccicoso, di quelli che nella tua camicia ci puoi nuotare. Niente vento, niente aria. Solo questo caldo umido schifoso. E tu che fai? Non hai un cazzo di meglio da fare che girare per quei vicoli. Quegli stramaledetti vicoli. Non hai paura. No, non te ne fotte nulla che un ragazzino sdentato con un phaser in mano cerchi di rapinarti. Non te ne frega nemmeno delle bande di negri che girano libere, senza freno, senza controllo. Ascolti il rumore del traffico lontano, ogni tanto il vicolo viene sorvolato contromano da qualche pod di un ricco furbo figlio di puttana, ma nemmeno di questo ti fotte. L'unico vero motivo per cui sei qui dentro è quella fitta alla bocca dello stomaco che stanotte non ti ha fatto dormire, quel bruciore che è una via di mezzo tra un burrito avariato e un'incazzatura mondiale. Sputi in terra e tiri un calcio a un vecchio cartone in mezzo al vicolo. C'è qualcosa dentro. Forse il solito gatto morto, o magari un bambino, che importa? Non sei lì per quello. Il tuo impermeabile sfiora la sporcizia, smuove la polvere. Hai gli occhi socchiusi: il cielo, ormai perennemente nuvoloso grazie agli scarichi industriali, è pervaso da una luminosità continua e fastidiosa. Eppure da qualche parte, qualche povero idiota che si domanda cosa è successo a questa città, ci deve essere. Qualcuno che ricordi ancora come era bello quando questo posto era stato fondato, quando la gente ci veniva a vivere; non come oggi, dove una vecchia per strada ti ucciderebbe se questo volesse dire potersene andare. Non come oggi, dove la NSAUC, la polizia segreta di Sipphreus entra nel cuore della notte a casa della gente per interrogarla, incriminarla e portala via, dove nessuno sa che cazzo di fine faccia. Eccolo lì, quella faccia di merda: sorridente, col sopracciglio alzato, su un manifestino elettorale. Elezioni... di quando sarà? Almeno 10 anni fa "Vota per me. O sono cazzi tuoi". Bello slogan davvero. Da quando il Dottor Snack è stato messo alla propaganda, la brutalità e le violenze sono cresciute in modo esponenziale, anche quella in forma verbale. Come si può arrivare a picchiare un vecchio per la strada perchè non rutta per 30 secondi? Eppure oggi è così. E lo sarà anche domani.

Sei stanco? Sarebbe ora ragazzo. Sarebbe davvero ora che mostrassi un po di stanchezza. Quanto è che non dormi? Da quanto non dormi di un sonno vero, intendo, senza quelle pilloline, quelle goccete e tutte quelle merde chimiche? Non lo sai nemmeno tu, eh? Eppure, invece di startene nel tuo comodo 84° piano della Grevement Avenue, con la tua aria condizionata talmente ghiacciata da gelarti le palle, invece di berti una birra ghiacciata e stare sul divano a recuperare il sonno, hai deciso di vestirti, prendere la tua spada e uscire qui fuori. Bel coglione davvero. Eppure lo sai che non è quella la vita che hai sempre cercato. Ma succede sempre così, no? Ogni volta che il protagonista si fa una domanda che permettere al lettore di capire qualche cosa in più succede qualcos'altro. DEVE succedere qualcos'altro. E puntualmente succede.
"Dammi il portafoglio pezzetto di merda". Dammi il portafoglio pezzetto di merda? Cristo Neo, ma quanto avrà questo affarino? Dodici? Tredici? Non puoi fare a meno di ripeterlo "...dammi il portafoglio pezzetto di merda? Ma che è? Un insulto? Dammi il portafoglio, tu che hai la sorella maiala... questo è un insulto!"
Sgrana gli occhi. Non se lo aspettava davvero. Sta strangolando il phaser. E trema. Non lo fai spesso, vero ragazzino? E mi dispiace che ti sia capitato proprio io come primo cliente "E mi dispiace anche che io sia l'ultimo" dici mentre estrai lentamente da dietro la schiena la tua spada. L'acciaio grigio, lentamente, pigramente, viene fuori dalla tua schiena, col suo caratteristico lamento. Il suo colore è ancora più cupo e macabro sotto la luce ignobile di questa giornata. Trema. Uh, come trema.
Un rumore secco nel vicolo, e poi via.
Lo guardi correre via, sparire nella foschia dietro l'angolo. Ti chini a raccogliere il phaser, quando senti nuovamente la fitta. Proprio lei, Neo. Lì, alla bocca dello stomaco. E' allora che lo vedi. E' allora che qualche neurone del cazzo, dice a qualche sinapsi del cazzo far muovere il muscolo del collo del cazzo. E lo vedi uscire dalla foschia. Dalla nebbiolina chimica che la Darkstar's ha disseminato per tutta parte bassa e vecchia della città, costringendola a crescere verso l'alto, come un povero cristo che va verso l'alto per cercare ossigeno, per non affogare, per non morire. La sua figura è un triangolo perfetto: mantello aperto, spada sguainata, cappuccio alzato. Non sentivi quella sensazione da tanto tempo. Ti alzi e lo guardi. Dove sono gli occhi? Avanza. Avanza verso di te. "Se sapessi chi sono, non lo faresti, idiota" dici "Se sapessi chi sono, non lo faresti, idiota. Ma che è? Un insulto?" ridacchia una voce stridula, graffiante e corre. Corre verso di te. Corre lasciando il braccio sinistro e la spada a lui attaccata penzoloni lungo il corpo. Arriva a pochi passi da te. Pianta il piede destro in avanti e fa perno su di lui, usando tutto il corpo come una falce. La lama cammina parallela al suolo, dritta verso il tuo collo "Se sapessi che ho la sorella maiala, non lo faresti... questo è un insulto" urla la vocetta, accompagnando il colpo. E' un istante: ordini alle tue ginocchia di cedere. Senti lo spostamento dell'aria, senti il canto della lama, vedi i tuoi capelli cadere davanti al tuo naso. La lama impatta contro il muro, in una pioggia di scintille. La figura salta, richiama il braccio al corpo e indietreggia rapidamente, tornando in posa di attesa. Ti sei lasciato scivolare sulla schiena, e con un colpo di reni sei in piedi. Estrai la spada e cerchi ancora gli occhi, nascosti nel buio nel cappuccio. Si slancia facendo leva sul ginocchio e mena un altro fendente. Pari. Usa il tuo contraccolpo come spinta per girare su se stesso e cercare ancora di decapitarti. Alzi i gomiti e punti la spada verso il basso. Pari ancora. I colpi sono vibrati in modo rapido, deciso e violento. Di una violenza antica. Di una violenza che non si esaurirà presto. Di una violenza che hai paura di riconoscere. La spalla della figura si muove innaturalmente verso il basso, il braccio ruota su quella spinta demoniaca e la lama cala dall'alto verso il basso. Pari ancora una volta. Stallo. La sua arma contro la tua. Sopra la tua testa. Pianti la gamba destra, la più forte e calci con la sinistra al centro del petto. Preso. Lo spingi via da te e rifiati. La figura indietreggia. Non lo vedi in faccia, ma sai che sta ghignando. "Tu sei morto" gli urli contro, mentre sudi, mentre gocce di sudore scendono lungo la tua fronte e non solo per questo caldo umido schifoso. Basta aspettarlo Neo, attacca. Fendi l'aria da destra verso sinistra. Schiva. Perno sul piede e calci. Schiva. Ti raccogli e affondi al torace; il suo braccio sinistro descrive un arco verso l'esterno del corpo e ti devia, approfitti della spinta, pieghi il braccio e cerchi con la spalla il tuo petto. Un passo, due passi, tre passi, quattro... Ti fermi. Dovresti averlo centrato. Senti ridere dietro di te. Sembra la risata di un vecchio. Una risata di aria, senza rumore, senza voce. L'essere è dietro di te. Ti giri e lui è lì. Lui ti aspetta. Lo hai attraversato? Come? Dove? Quando? Muove solo una mano. Lentamente. Talmente piano da lasciarti fermo a guardare. E col dito ti tocca la fronte, spingendoti appena indietro. "Ci vediamo nell'Outland, Neo" è tutto quello che senti prima di svegliarti. Prima di aprire gli occhi nel tuo 84° piano sulla Grevement Street. Il telefono suona e il tuo bruciore di stomaco è sempre lì. Ti alzi bestemmiando, e vai verso la cornetta con una sigaretta in bocca pronta per essere accesa
"MMMhpronto" biscichi mentre ti accendi la cicca
"Povero ciccio, ti ho svegliato?"
"Non rompere Gibbo"
"Calma, cagnaccio. Ti chiamo solo per farti sapere che abbiamo finito il lavoretto"
"Brava"
"Tutto secondo i piani. Mubasa e i suoi ragazzi sono stati perfetti. Un lavoretto rapido e preciso"
"Ottimo"
"Nessuno si è mai lamentato, no?"
"Nemmeno Hicks, immagino"
"Ok, ci vediamo al Merlino's stasera?"
"Credo di sì"
"Gibbo..."
"Sì?"
"Senti... cosa sai dell'outland?"
"Outland? Ehi amico, cosa posso dirti dell'outland? Che non ne so un cazzo. Posso parlarti della prima matrix, posso dirti che era stata concepita come un mondo perfetto dove tutti erano negri e con un braccio tra le gambe. Fu un distastro: Hicks non riuscì a adattarsi, di questo posso parlarti"
"Okokok lascia perdere. Ci vediamo stasera allora"
"A stasera amico"
A stasera. O forse no, Neo? O forse hai solo voglia di sapere cosa è l'outland? Per il momento io ti lascio. Ti lascio lì dove sei, pietrificato davanti allo specchio, con la sigaretta che ti penzola dalla bocca e gli occhi fissi, fissi su quel livido piccolo e circolare al centro della fronte.